Viaggiare leggeri

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Del viaggiare leggeri ho fatto, oltre che un punto d'impegno, una vera arte.
Girellavo per il mondo un mese con uno zaino di 12 kili, inclusi zanzariera, sacco lenzuolo, libri e molte molte medicine; ho soggiornato 10 giorni con Claudia piccolina in Sardegna col contenuto di un unico piccolo trolley per entrambe, e quando andiamo in settimana bianca in una Samsonite deve entrare l'abbigliamento di tutta la famiglia.
Però stavolta ho superato me stessa. Forse ho esagerato.

Ma andiamo con ordine: a metà della scorsa settimana eravamo nuovamente in partenza. Due giorni a Milano, due giorni nella Foresta Nera, ulteriori due a Munchen.
Ero in terribile ritardo, stanca sconvolta, sudata, reduce da una giornata di surfing sull'asse da stiro. Preparo approssimativamente il trolley di Claudia, getto un pò di miei pantaloni biancheria magliette maglioni medicine creme e sciampi nel mio trolley, chiedo al marito di chiuderlo e intanto volo a ficcare in un borsone un pò di scarpe assortite ed un tot di libri, prendo dallo spogliatoio un fascio di giacconi, "la doccia la faccio a Milano",  e finalmente possiamo partire.

Alle ore 1 della notte arriviamo finalmente sotto la nostra depandance milanese.
Apro il portabagagli, inizio a tirar fuori il trolley del Marito, quello di Claudia, ......
Vuoto. Il portabagagli è vuoto.

"Marito, e il mio trolley ?..."
" ???"
" Ti avevo chiesto di chiuderlo..."
" Infatti, io l'ho chiuso. Non mi hai detto di portarlo via"
Alle ore 1 e 3 minuti della notte piangevo seduta sul marciapiedi sotto casa del Marito a Milano .

Ora, qualunque donna più o meno (o affatto) felicemente coniugata mi rimprovererà l'incompletezza delle mie istruzioni. Ad un uomo non puoi dire "Chiudi perfavore il mio trolley" sulle colline di Firenze ed aspettarti di estrarlo dal portabagagli a Milano City.
Come minimo le istruzioni dovrebbero recitare: "Chiudi perfavore il mio trolley, portalo al piano terra, mettilo nel portabagagli, chiudi il portabagagli".

E fu così che mi trovai piangente, sudata e nullatenente nella notte milanese.
A parte un assortimento di scarpe da far invidia a Imelda Marcos, un tot di giacconi ed una consistente scorta di romanzi, non avevo niente!
Non biancheria o medicine, non magliette, non beauty.
Nemmeno uno spazzolino da denti. Indosso i miei peggiori abiti da casa, tutt'altro che immacolati dopo la torrida giornata di stiro.

Dopo un'interminabile doccia, ho superato la nottata con indosso una t-shirt ed un paio di boxer del Marito.
La mattina successiva Claudia è andata in missione al super sotto casa per reperire spazzolini ed altre indispensabilità, mentre io asciugavo col phon tutti i miei stracci appena lavati. Almeno un filo derattizzata sono partita alla volta del centro per tentare di procurarmi giusto l'indispensabile.
Non avevo però considerato che acquistare abbigliamento estivo a Milano in pieno Agosto è una folle pretesa: da settimane tutti i negozi avevano archiviato magliettine e bermuda, e dalle vetrine i velluti, i tweed e perfino qualche leggero cashmerino mi occhieggiava mentre arrancavo nei 32° all'ombra.

Continuava a tornarmi in mente, in maniera ossessiva,  l'arrivo (giustappunto) a Milano nel film "Totò, Peppino e la malafemmina".

Dopo molto cercare, soffrire e provare, tutto il mio bottino è stato di 3 paia di slip, 3 magliette ed una crema giorno/notte.

Ed è stato con un simile, leggerissimo bagaglio-in-mano, che sono partita per la Foresta Nera.

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